Il Consiglio di Stato, con la recente sentenza n. 9237/2024, ha chiarito i presupposti per l’obbligo di astensione del pubblico funzionario nel procedimento amministrativo in caso di conflitto di interessi o grave inimicizia con il soggetto interessato.
I giudici hanno sottolineato che la mera presentazione di denunce o l’instaurazione di un procedimento penale nei confronti del funzionario non sono elementi sufficienti a far scattare automaticamente l’obbligo di astensione previsto dall’art. 6-bis della legge n. 241/1990.
Affinché sorga tale obbligo, è infatti necessario dimostrare l’esistenza di un interesse personale del funzionario confliggente con quello pubblico o di concrete ragioni di rancore o avversione estranee all’esercizio della funzione.
Pertanto, denunce o processi penali, di per sé, non implicano che il funzionario debba astenersi, se non sono supportati da circostanze fattuali che evidenzino forme di grave inimicizia sul piano personale al di fuori dell’attività amministrativa.
La sentenza ribadisce il principio per cui l’imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione, pur dovendo essere sempre garantiti, richiedono un accertamento rigoroso delle situazioni in grado di comprometterli effettivamente.
Spetterà dunque al soggetto che lamenta la violazione dell’obbligo di astensione dimostrare in concreto i presupposti del conflitto di interessi o della grave inimicizia personale, senza potersi basare sulla sola esistenza di iniziative giudiziarie nei confronti del funzionario procedente.