Garanzia provvisoria negli appalti

19 Mag. '25

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Una recente pronuncia del Consiglio di Stato fa chiarezza su uno degli aspetti più delicati della partecipazione alle gare pubbliche: l’obbligo di presentare la garanzia provvisoria. Con la sentenza n. 4036/2025, la Quinta Sezione ha confermato che la mancata presentazione di questo documento comporta automaticamente l’esclusione dalla procedura, anche sotto la vigenza del nuovo Codice dei Contratti Pubblici.

La vicenda nasce da una gara per la manutenzione delle tratte autostradali con inversione procedimentale. Un raggruppamento di imprese si era classificato secondo in due lotti, ma durante la verifica amministrativa è emerso che mancava la garanzia provvisoria. L’azienda aveva presentato solo quella definitiva, ritenendo sufficiente a coprire entrambe le funzioni.

L’impresa ha difeso la propria posizione invocando il principio di tassatività delle cause di esclusione del nuovo Codice, sostenendo che l’inversione procedimentale le avesse fatto acquisire un diritto soggettivo alla stipula e che il principio del risultato rendesse superflua la doppia garanzia. Secondo questa tesi, la garanzia definitiva “assorbirebbe” quella provvisoria, realizzando comunque l’obiettivo di garantire l’impegno alla stipula del contratto.

Il Consiglio di Stato ha respinto tutti gli argomenti, chiarendo che l’articolo 106 del nuovo Codice mantiene l’obbligo perentorio della garanzia provvisoria. Ma il cuore della decisione sta nella magistrale distinzione tra le due garanzie, che i giudici hanno definito “ontologicamente diverse” e quindi non intercambiabili.

La garanzia provvisoria, disciplinata dall’art. 106, opera interamente sul piano pubblicistico. La sua funzione è duplice: da un lato garantisce la serietà dell’offerta e responsabilizza i concorrenti nel momento cruciale della partecipazione alla gara; dall’altro copre specificamente la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione e gli oneri organizzativi che la stazione appaltante ha sostenuto per la procedura. È, in sostanza, una “assicurazione” che l’operatore economico paga per dimostrare di non essere un partecipante opportunistico.

La garanzia definitiva, regolata dall’art. 117, si muove invece completamente sul versante privatistico. Entra in gioco solo dopo la stipula del contratto e serve esclusivamente a coprire eventuali inadempimenti durante l’esecuzione della commessa. Non ha nulla a che vedere con la fase precedente di partecipazione alla gara e aggiudicazione.

Questa differenza non è solo tecnica, ma risponde a esigenze pratiche concrete. Ammettere la sostituibilità creerebbe una gravissima disparità di trattamento: da un lato operatori rispettosi che sostengono tutti i costi previsti fin dall’inizio, dall’altro soggetti più “furbi” che aspettano di vedere l’esito della gara prima di decidere se vale la pena investire. Un sistema che minerebba alla base la par condicio competitorum.

La sentenza dimostra che il principio del risultato, lungi dall’eliminare gli obblighi procedurali, li rafforza con una logica più sofisticata. Responsabilizzare tutti i concorrenti fin dall’inizio, attraverso la garanzia provvisoria, riduce significativamente i rischi di defezioni nella fase di stipula e contribuisce così alla “massima tempestività” delle procedure che il nuovo Codice persegue.

L’inversione procedimentale, chiarisce il Consiglio di Stato, è solo uno strumento di semplificazione che non può sovvertire i requisiti sostanziali. Anche quando la verifica amministrativa avviene dopo l’apertura delle offerte, i concorrenti mantengono una posizione di interesse legittimo, non di diritto soggettivo. Il soccorso istruttorio, inoltre, non può sanare la mancanza di un elemento che i giudici definiscono “indefettibile” dell’offerta.

Consiglio di Stato, 09.05.2025 n. 4036

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