Appalti pubblici e inflazione: il Tribunale di Brescia conferma la risoluzione del contratto nonostante l’aumento dei prezzi

27 Mag. '25

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Una recente sentenza del Tribunale di Brescia chiarisce i limiti della rinegoziazione contrattuale negli appalti pubblici durante periodi di forte inflazione, confermando la legittimità della risoluzione per abbandono cantiere.

Il Tribunale ordinario di Brescia, con sentenza del 23 maggio 2025, ha stabilito un importante precedente in materia di appalti pubblici, rigettando le richieste di un’impresa edile che aveva abbandonato i lavori di costruzione di una scuola primaria adducendo l’impossibilità di proseguire a causa dell’inflazione post-pandemica.

I fatti della controversia

La vicenda ha origine dall’aggiudicazione di un appalto per la realizzazione di una nuova scuola primaria del valore di 6,58 milioni di euro, con un ribasso d’asta del 30,136%. L’impresa appaltatrice, dopo aver iniziato i lavori nell’agosto 2020, ha progressivamente rallentato l’esecuzione fino ad abbandonare completamente il cantiere nel febbraio 2022, adducendo come motivazione l’insostenibile aumento dei costi dei materiali causato dalla pandemia Covid-19 e successivamente dal conflitto russo-ucraino.

Durante l’esecuzione del contratto, l’impresa aveva formulato 12 riserve per un totale di quasi 3 milioni di euro, lamentando principalmente l’incremento dei prezzi dei materiali (quantificato nel 59,16%) e i maggiori oneri derivanti dalle misure anti-contagio.

La posizione del Collegio consultivo tecnico

Un elemento centrale della controversia è stato il ruolo del Collegio consultivo tecnico (CCT), istituito secondo quanto previsto dal D.L. 76/2020. Il CCT aveva riconosciuto un incremento dei prezzi, ma la stazione appaltante aveva quantificato l’adeguamento in soli 173.354 euro, cifra contestata dall’impresa come largamente insufficiente.

Il Tribunale ha chiarito che il CCT non ha competenza nelle procedure di risoluzione per inadempimento dell’appaltatore, precisando che l’articolo 5 del D.L. 76/2020 si applica solo quando “la prosecuzione dei lavori non possa procedere” per ragioni oggettive, non per mero inadempimento contrattuale.

L’analisi del Tribunale sull’obbligo di rinegoziazione

Uno degli aspetti più rilevanti della sentenza riguarda il presunto obbligo della pubblica amministrazione di rinegoziare le condizioni contrattuali in presenza di fenomeni inflattivi straordinari. L’impresa aveva invocato i principi di buona fede e correttezza, sostenendo che l’ente pubblico fosse tenuto a riequilibrare il sinallagma contrattuale.

Il Tribunale ha respinto questa tesi, evidenziando che:

  • il contratto è stato stipulato nel luglio 2020, quando la pandemia era già in corso
  • i fenomeni inflattivi non possono considerarsi “imprevedibili” data la tempistica
  • il conflitto russo-ucraino è iniziato dopo l’abbandono del cantiere da parte dell’impresa

La valutazione della consulenza tecnica

La CTU ha quantificato in soli 19.823 euro gli importi effettivamente dovuti all’impresa, una somma ben diversa dai quasi 3 milioni richiesti. In particolare:

  • 18.067 euro per maggiori costi secondo i criteri del CCT
  • 1.755 euro per incremento spese generali Covid secondo la delibera regionale lombarda

Il perito ha inoltre confermato che l’incremento effettivo dei prezzi per le lavorazioni eseguite si attestava intorno all’11%, ben lontano dal 59% denunciato dall’impresa.

Le conseguenze economiche della risoluzione

Il Tribunale ha riconosciuto alla stazione appaltante il diritto al risarcimento di 30.451 euro per le spese tecniche necessarie all’adeguamento del progetto per il completamento dell’opera con una nuova impresa. Operando la compensazione tra crediti e debiti reciproci, l’impresa inadempiente è stata condannata a versare 10.628 euro all’ente pubblico.

Implicazioni per il settore degli appalti

La sentenza stabilisce principi importanti per il settore:

Limiti alla rinegoziazione: la pubblica amministrazione non è obbligata a rinegoziare contratti già stipulati, anche in presenza di fenomeni inflattivi, se questi erano prevedibili alla data di sottoscrizione.

Prevedibilità degli eventi: la pandemia Covid-19 e i suoi effetti economici non possono essere considerati imprevedibili per contratti stipulati dopo marzo 2020.

Gravità dell’abbandono: l’interruzione unilaterale dei lavori costituisce inadempimento grave che giustifica la risoluzione, indipendentemente dalle motivazioni economiche addotte.

La sentenza del Tribunale di Brescia conferma che negli appalti pubblici prevale la stabilità contrattuale e il rispetto degli impegni assunti in fase di gara. Le imprese che partecipano agli appalti devono valutare attentamente tutti i rischi, inclusi quelli derivanti da eventi eccezionali ma non imprevedibili.

Tribunale di Brescia, 23.05.2025 n. 2157

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